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The Vajont valley has been frozen in time, for more than 50 years, like in a still image. Its dam, cement gravestone, reminds sad memories tied to the tragic event. A vicious circle from which it is difficult to escape. Is it possible to image a different scenario?

Our consideration rises from the water, the absent element recalled only by the thin sign left on the dyke’s surface. We want to re-establish its presence allegorically, through the use of floating elements at the height of water that was on the 9th of October, 1963. The perception of the liquid surface is due to the positioning of aerostatic balloons in the basin limited by the dam and the valley flancks. The idea of using balloons depends on their natural upward mobility when filled by helium and on the will of creating a positive, fantastic, extra-ordinary environment, almost playful. A place where actions of involvement of children and adults are fueled through the game, the discovery and the reappropriation of the area. In this way the actions go beyond the memory of the catastrophe, not rejecting the respect that it deserves, but creating occasions of exchange between the people, the dam and the environment.

Technical instructions:
The balloons, made of pvc, have eight anchor points tied with a rope that goes to the ground, where it is linked to a concrete basement buried underground, that acts as a counterweight element.
The balloons’ buoyancy is due to the helium they contain. They are waterproof and wind-resistant and, in case of damage, they can be easily fixed.

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Da più di 50 anni la valle del Vajont vive immobile, come in un fermo immagine. La sua diga, lapide di cemento, evoca tristi memorie legate al tragico evento. Un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. E’ possibile immaginare un altro scenario?

La nostra riflessione nasce dall’ acqua, elemento oramai assente, se non nell’unico e sottile segno lasciato sulla diga. Ne abbiamo voluto ricreare la presenza in maniera allegorica, inserendo degli elementi puntuali galleggianti alla quota in cui si trovava il 9 ottobre del 1963. La percezione della superficie liquida, è data dalla distribuzione di palloni aerostatici all’interno del bacino delimitato dalla diga e dai fianchi della valle. L’idea di utilizzare dei palloni è nata, oltre che per la loro naturale predisposizione all’ascensione se gonfiati d’elio, dalla volontà di dare vita ad un ambiente positivo, fantastico, stra-ordinario, al limite del giocoso. Un luogo in cui azioni di coinvolgimento tra bambini e adulti vengono alimentati attraverso il gioco, la scoperta e la riappropriazione dell’area. In questo modo si vuole andare oltre il ricordo della catastrofe, senza negare il rispetto che essa merita, ma generando occasioni di scambio tra le persone, la diga e l’ambiente.

Indicazioni tecniche:
I palloni, realizzati in pvc, presentano otto punti di attacco ai quali è fissata una corda che scende fino a terra, dove si lega al basamento in cemento interrato, che fa da contrappeso. La capacità di ascensione dei palloni è determinata dal volume di elio contenuto al loro interno. I palloni sono resistenti alla pioggia, al vento e in caso di foratura sono facilmente riparabili.

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1 Comment

One Response to pavarin / mansutti

  1. Antonella says:
    26/05/2015 at 9:32 am

    Progetto visionario e originale…invita al sogno e al viaggio dell’ immaginazione.Sicuramente renderebbe la valle magica!

Comments are closed.

pavarin / mansutti

udine/pordenone
elisa mansutti
born in Gemona del Friuli in 1987.
She studied architecture at the University of Udine, the Polytechnic of Milan and at the Royal Melbourne Institute of Technology (Australia). 


luca pavarin
born in Pordenone in 1986.
He studied architecture at the University of Udine and at the Polytechnic of Milan. He had experiences as an architect in several architectural offices in Pordenone, Milano and Perth (Australia).



elisa mansutti
nata a Gemona del Friuli, nel 1987.
Ha studiato architettura presso l’Università degli Studi di Udine, il Politecnico di Milano e il Royal Melbourne Institute of Technology (Australia). Attualmente lavora come architetto a Udine.

luca pavarin
nato a Pordenone, nel 1986.
Ha studiato architettura presso l’Università degli Studi di Udine e il Politecnico di Milano. Ha lavorato come architetto per diversi studi a Pordenone, Milano e Perth (Australia).

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Two Calls for Vajont is a double international contest of contemporary art that aims to develop a creative intellectual reflection, and with it a new cultural perspective, as well as innovative ideas, for the Vajont area. The artistic projects for the two artworks of “public art” to be made on the Vajont Dam (A Call for a Line) and on the front wall of the former elementary school of the Casso village, now New Venue of Casso (A Call for a Wall) will be gathered and published on this website. The winning projects will then be actually realized (see participate).

two calls for vajont è un doppio concorso internazionale d’arte contemporanea volto a sviluppare una riflessione intellettuale creativa, e con essa una nuova prospettiva culturale e d’idee per l’area del vajont. verranno in questo website raccolti e pubblicati i progetti artistici per due opere d’arte pubblica da realizzarsi sulla diga del vajont (a call for a line) e sulla facciata dell’ex-scuola elementare del paese di casso, ora nuovo spazio di casso (a call for a wall). I progetti vincitori dei due concorsi saranno in seguito realizzati (vedi participate).

Ministero dell'AmbienteFondazione Dolomiti Unesco Enel Fondazione Vajont Fondazione Bevilacqua La Masa MartFondazione Merz CCC Strozzina